Due grandi musicisti, due spiritualità e due epoche a confronto , due modi di utilizzare i suoni e le voci.

Accostare le diversità dei compositori – in una stessa serata intensa di brani e di emozioni – offre le chiavi per comprenderli e penetrare la loro musica e la Musica.

Lo scopo di Musica Dentro è favorire un Ascolto intimo e al tempo stesso partecipato. Vuole contribuire a fare della Musica lo strumento di meditazione e di crescita personale e comunitaria.

La Fede di Bach è Fides in senso latino = Certezza, certezza che esclude ogni dubbio. Cristo è un fratello maggiore , un grande amico, che ha saputo attraversare la sofferenza trasformandola in Amore.

La certezza del Percorso tracciato da Lui è la spinta a trovare in noi la purezza che permette di ospitarlo sempre nel nostro cuore, colmo di gratitudine (mache dich mein herze rein = rendi il mio cuore puro , canta Giuseppe di Arimatea , nell’epilogo della Passione secondo Matteo, incaricato di trovare il sepolcro per ospitare Gesù deposto dalla croce, metafora dell’ accogliere il Cristo-Amore in noi).
Betrachte meine seele = Contempla anima mia ) invita Bach nella Passione secondo San Giovanni , a renderci conto che dal dolore del Salvatore deriva la nostra Salvezza.

La Musica di Bach , nel mentre esprime tutte le sofferenze, le gioie e le umane speranze , utilizzando una vastissima gamma armonica , procede senza esitazioni, un flusso sonoro deciso e inarrestabile, tal quale è la sua Fides.

Bach è figlio di una religiosità simile, per alcuni versi, alla fede entusiasta delle comunità dei primi cristiani . La riforma di Luterò era avvenuta appena un secolo prima e il seicento e il settecento avevano visto l’emergere di grandi correnti pietiste , una sorta di riforma nella Riforma, una serie di movimenti che valorizzavano la ricerca di una devozione interiore e di una vita eticamente irreprensibile e dedita al bene. Un anelito a vivere concretamente i principi cristiani, perseguito da moltissime persone, e in qualche modo una sorta di reazione al dogmatismo e al razionalismo della teologia luterana.

Figura svettante nella storia della spiritualità europea, grande mistico, teosofo, poeta, fu Jacob Boehme.

Bach , pur non appartenendo a correnti pietiste, si nutre di questo clima e di questi valori .

Dice di Bach Alberto Panza: ‘un discorso musicale, quello di Bach, che si sviluppa in modo inarrestabile e dà l’impressione di salire su una scala senza fine, un discorso che unisce lo stupore poetico dell’infinito al rigore matematico della costruzione.

L’epoca Barocca: Sempre citando Alberto Panza ‘…un altro elemento cardine del clima culturale e emotivo in cui Bach vive, il Barocco, è che in tale epoca avviene una delle più grandi rivoluzioni nella storia del pensiero umano: lo spalancarsi di una concezione degli spazi infiniti del cosmo, preannunciata dall’opera De l’infinito universo et mondi di Giordano Bruno, una profonda trasformazione invano frenata dall’Inquisizione con il rogo di Campo dei Fiori, con la denuncia delle opere di Campanella e la sua lunga detenzione e con la condanna di Galileo. Si apre, per la prima volta, non più un universo fisso e ordinato in sfere concentriche, bensì la vertigine di un abisso spalancato verso l’alto – lo stesso che vediamo nei soffitti delle chiese – la meraviglia, e anche lo sgomento, di fronte ad un universo incommensurabile, popolato di infiniti mondi, senza confini e soprattutto senza centro: “Una sfera infinita, il cui centro è ovunque e la cui circonferenza in nessun luogo” (Blaise Pascal).

In questo clima Bach rappresenta una pietra miliare , che esprime l’infinito ma si pone come un riferimento di incredibile forza: non è solo per la sua Fides! la sua musica in ero trasforma il Caos in Kosmos, attuando un mondo matematico e armonico, nella tradizione di Pitagora e di Platone.

Fauré è di altra epoca! . È della seconda metà dell’800 e si affaccia nel ‘900 (Gabriel Fauré, Pamiers, Francia, 12 maggio 1845 – Parigi, 4 novembre 1924) Cresce dai 9 anni ai 20 in un collegio cattolico (alla Scuola Niedermeyer di Parigi, dove si formano gli organisti di chiesa e i maestri del coro) e lavora per decenni come organista di chiesa, prima a Saint-Sulpice e poi sostituendo spesso Saint-Saëns alla Église de la Madeleine, per succedergli come titolare.

L’epoca di Fauré è ben diversa da quella di Bach: c’è stato il secolo dei lumi, che ha relegato Bach nel dimenticatoio , poi la rivoluzione francese, l’affermazione prepotente della borghesia e dei grandi affari dei nuovi banchieri ( vedi i Rothschield). L’uomo positivista diventa artefice del proprio destino: Homo faber fortunae suae. È l’uomo con le proprie scelte a determinare la propria vita e a tenere il timone anche nelle avversità. Ha sempre meno bisogno dello aiuto di Dio. Scopre le energie, i motori, la vita delle cellule, dei microbi , comincio a modificare pesantemente l’ambiente per sfruttarne le risorse senza piu rispetto , si convince che nel giro di pochi anni la Vita non avrà più segreti e che vincerà ogni malattia…

Costruisce il suo simbolo : la torre Eifel (1889).

Però … però … l’organo continua a accompagnare ogni giorno i funerali…

Fauré è cattolico per tradizione e per ambiente, non per grande vocazione personale. Ma è artista sensibile: confessa: ‘non ce la faccio più a vivere la tristezza della gente ai funerali! almeno suonassi una musica rasserenante, consolatoria! Nacque così il bellissimo Requiem che si conclude con l’angelico In Paradisum cantato quasi interamente dai soprani per portarci in una atmosfera di dolcissima beatitudine.

Il testo che ascolterete è tratto dall’Ordine per la sepoltura. “In paradiso deducant angeli” (Che gli angeli ti conducano in paradiso) e la musica si basa su un continuo movimento di accompagnamento scintillante in triadi arpeggiate, veloci, spezzate da una brevissima pausa: sulla linea armonica dell’organo i soprani cantano una melodia espressiva crescente.

C’è poi una bella coralità del popolo di Dio: è negli accordi su cui entrano le voci dei bassi, dei baritoni e dei contralti (divise in 6 voci: soprani primi e secondi , bassi primi e profondi) a formare bellissimi accordi sulla “Jerusalem” e poi nel finale.

Anche il Pie Jesu, che ascolterete, è un brano dolcissimo , affidato alla voce pura di una soprano solista , sommessa preghiera che invita delicatamente alla introspezione: Pie Jesu, Qui tollis peccata mundi, Agnus Dei, Dona eis requiem, Sempiternam, parole ripetute fino all’ultimo requiem, che ha un dolce movimento verso l’alto.

Molto bello, commosso e corale è il Cantique de Jean Racine (Cantico di Jean Racine), Op. 11, una composizione per coro, pianoforte o organo. Il testo, Verbe égal au Très-Haut (Verbo pari all’Altissimo), è tratto dalla traduzione francese dovuta a Jean Racine dell’inno latino Consors paterni luminis, attribuito a sant’Ambrogio e utilizzato nella liturgia del mattutino del martedì. Dunque siamo in sintonia con il Gregoriano di rito ambrosiano, più ricco di fioriture e melismi delle essenzializzazioni successive di Bernardo di Chiaravalle.

Fauré compose il brano a 20 anni (1864-65) al termine dei suoi studi, per partecipare a un concorso interno all’École Niedermeyer e vinse il primo premio: il Cantique fu eseguito per la prima volta in una versione con accompagnamento di organo e archi, così come ve lo proporremo .

Stilisticamente, vi si possono riscontrare analogie con il Requiem, composto molti anni dopo.